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PER UNA DIDATTICA DELL’ARCHITETTURA E DEL PROGETTARE

20 Nov , 2018 - News, Pensieri sull'architettura

LA DIDATTICA DELL’ARCHITETTURA

Venerdì e Sabato scorso eravamo a Milano, a discutere di didattica dell’architettura con Proarch, Società Scientifica nazionale dei docenti di Progettazione Architettonica. Potrebbe essere solo una riunione tra docenti, professori di vario livello e estrazione che discutono di sottigliezze tecniche: e capita che sia così, a volte. Ma talvolta la discussione si anima, e si toccano questioni centrali del progetto architettonico e del suo insegnamento. Perché non è solo dell’architettura, né del progetto, che si parla: ma del progettare, dell’agire di un architetto nel mondo.

In questo caso, i due interventi che abbiamo portato toccavano due temi particolari, e tra di loro in relazione. Riguardavano infatti la relazione tra il progettare architettura e le altre discipline, proponendo contaminazioni non scontate: naturalmente, non per il gusto di farlo, ma per un progettare migliore. Così da un lato si discuteva della relazione tra filosofia e progetto, e dall’altra dell’uso di modelli in grande scala, tra forma e struttura.

TRA ARCHITETTURA E FILOSOFIA

Il primo intervento era intitolato “Il senso del progetto. Sperimentazioni seminariali tra architettura e filosofia“. Un titolo che rimanda alle esperienze di SCHEMA  e di TURNS. Dialoghi tra architettura e filosofia, due esperienze di seminari e pubblicazioni. Lo scopo di entrambi? Coinvolgere i filosofi in una discussione sullo spazio, sui concetti che ci permeano e di cui permeiamo le nostre azioni, per arrivare a capire meglio ciò che ci contorna. E progettare meglio. Certo, i filosofi non progettano, e noi architetti non filosofiamo. Ma avrete notato che sempre, quando si parla di un maestro dell’architettura, o di un grande scienziato, si parla della sua “filosofia”. Cioè della sua visione del mondo.

Anche se magari non sembra, spendiamo tempo ed energia in questa visione del mondo: altrimenti, come decidere cosa è meglio progettare? Come rapportarsi a una realtà complessa? Vi abbiamo raccontato che il progetto si immerge nei significati, li anima, li concretizza. Tiene insieme materie e questioni diverse, le combina, le compone. Ecco, dialogare con i filosofi non significa studiare filosofia: significa guardare da punti di vista diversi ai fenomeni (le cose, le persone, i luoghi), per capirli meglio, e progettarli meglio. E questo, nella didattica dell’architettura, è in fondo l’obiettivo più alto. Se siete curiosi, scaricate le prefazioni di TURNS e avrete qualche risposta – o incertezza 🙂 – in più.

PROGETTARE PER COSTRUIRE

Il secondo intervento era invece intitolato “L’intuizione attiva e la competenza. Software e modelli fisici tra corporeità e virtualità“. Altro titolo altisonante vero? Ma il contenuto ha motivazioni e obiettivi opposti. Raccontavamo di come fin troppo spesso gli studenti (e gli architetti!) non abbiano idea della relazione tra la forma dell’architettura e cose tipo le strutture. Fin troppo spesso, cioè, si finisce per accettare la soluzione data dello specialista, anche se riduce la qualità degli spazi, oppure impone sacrifici rispetto alle scelte architettoniche. Diciamolo, questo è figlio di quel processo di specializzazione per cui ognuno sa solo della sua materia,  quasi fosse isolata dalle altre: una deriva presente anche nella didattica dell’architettura.

Ma il progetto non è così: un architetto DEVE conoscere le strutture, la tecnologia, la fisica. Deve avere competenze di impianti, di energia, di verde. Non per sostituire i professionisti deputati (ci mancherebbe! Non si potrebbe in alcun modo avere QUEL grado di competenza) ma per poterci dialogare, per inserire le prestazioni specialistiche in un disegno più grande, nella “architettura del progetto”.

E in questo senso, lavorare con gli studenti con grandi modelli, a scala anche reale, dà loro modo di capire che una linea su carta è sempre qualcosa di reale, di pesante, di voluminoso. Il workshop di Escargot è il primo esempio di una serie portata poi avanti con workshop tenuti ad Aalborg, in Danimarca, e con laboratori tenuti nelle lauree magistrali a Torino. Laboratori in cui la sperimentazione avviene sviluppando la consapevolezza attraverso l’atto, costruendo per capire il progettare, e progettando per capire il costruire.

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