TORINO
2011-2015
COMMITTENTE: Compagnia di San Paolo
IMPORTO LAVORI: 16.000.000 €
ARCHITETTURA: Giovanni Durbiano, Luca Reinerio
con: Carlo Deregibus, Enrico Massaro
STRUTTURE: Giuseppe Pistone
IMPIANTI: Gianfranco Lo Cigno, MCM Srl
FOTOGRAFIE: Carlo Deregibus, Guido Siviero, Beppe Giardino
Vocazioni di un palazzo ottocentesco
Gli edifici resistono. Permangono. Hanno nelle loro corde quella di essere usati in modi diversi, a seconda del tempo e della situazione. Nel caso del palazzo di piazza Bernini 5, a Torino, queste potenzialità erano sostenute da una posizione strategica e da motivi rappresentativi di grande importanza. Quegli stessi motivi che hanno reso complesso e delicato il processo di trasformazione in uffici, nei suoi aspetti estetici e gestionali.
Infatti, il palazzo doveva divenire sede di alcuni degli enti della Compagnia di San Paolo – l’Ufficio Pio, la Fondazione per la Scuola, il settore Politiche sociali, l’Archivio Storico, la Fondazione 1563 – oltre a ospitarne alcuni uffici e la preziosa quadreria, con grandi tele del ‘600 dedicate alla vita di San Paolo. Inoltre, era necessario avere lotti di intervento separati, in modo da rendere gli enti operativi e indipendenti il prima possibile. Da qui la complessa gestione di un restauro radicale: che doveva essere coerente e unitario, ma anche capace di rappresentare le identità dei vari enti. Inoltre, data la natura sociale e culturale del lavoro degli enti, l’ambiente doveva essere piacevole e flessibile, ma di grande sobrietà.
L’Educatorio Duchessa Isabella
Il palazzo di piazza Bernini fu costruito tra il 1890 e il 1893 dall’Ente Opere Pie di san Paolo, su progetto di Giuseppe Davicini. Nacque così l’Educatorio Duchessa Isabella. L’edificio sulla piazza era completato da tre maniche di aule e dormitori, unite da un grande corpo lungo la via. Oltre a uffici e luoghi della direzione, l’edificio ospitava un Oratorio, una Sacrestia, gabinetti medici. Nel giardino vi era persino un piccolo asilo froebeliano.
I bombardamenti del 1942 colpirono duramente l’edificio, danneggiando il corpo su piazza e distruggendo del tutto padiglioni e ala nord. Saranno poi ricostruiti nel 1960: ospitano ora il Liceo Berti.
Per fortuna, l’edificio principale ha subito solo lievi rimaneggiamenti. Al di là di qualche volta, crollata e sostituita da solai in calcestruzzo, per il resto l’edificio è ancora quello originale. L’ingresso si apre su una sala ellittica, da cui partono due maniche simmetriche a formare una esedra sulla piazza. L’aula ellittica, presente a tutti i piani e ornata da colonne neoclassiche e stucchi ben conservati, è lo spazio più aulico del complesso. Per contro, il resto dell’edificio era improntato a una grande sobrietà di materiali e decori. Unica eccezione, la Sacrestia, dal pavimento decorato in cementine esagonali e il grande soffitto a cassettoni, ora gravemente compromesso.
Un sottile equilibrio tra coerenza e individualità
Il progetto ricostruisce i caratteri architettonici degli ambienti originali, ma insieme ne riorganizza gli spazi secondo i nuovi usi. L’equilibrio tra il valore aulico e quello funzionale era delicato, perché doveva anche garantire la possibilità di modifiche future all’assetto degli enti. Dunque da un lato era necessario lavorare su elementi di permanenza, su cui basare l’idea di continuità e coesione dell’edificio. E, dall’altro, su elementi leggeri ed effimeri, con cui costruire il rapporto tra antico e nuovo.
Secondo questo doppio binario, gli interventi di restauro hanno avuto grande attenzione per ciò che un tempo c’era. Dai materiali, alle finiture, alle cromie, ogni azione è stata curata in rapporto alle finiture originali e al carattere dei luoghi, eliminando superfetazioni e interventi incongrui. Mentre la trasformazione in uffici è avvenuta attraverso una serie di infrastrutture architettoniche in cui materiali e finiture sono del tutto contemporanee: in una logica di differenza che valorizza entrambe le parti.
Da Educatorio a uffici. Restauro
A tutti i piani i corridoi, spazi di grande respiro alti anche cinque metri, erano rovinati da aperture e chiusure improprie. Il restauro recupera il disegno originale degli sfondati e delle porte, sostituite e unificate. Nella stessa direzione va la sostituzione di finestre e gelosie esterne con nuovi serramenti in legno: di disegno originale, ma prestazioni contemporanee.
I pavimenti, nel tempo sostituiti con finiture varie, sono stati interamente ripristinati. Nei corridoi, con cementine bianche e nere, posati a scacchiera e bindello laterale. In tutte le stanze, con un parquet in rovere massiccio, con finitura oliata, posato a lisca e bindello. Fa eccezione solamente la Sacrestia, con un parquet a quadri su disegno che tesse un nuovo rapporto con il solaio a cassettoni. Proprio il cassettonato ligneo è stato oggetto di un restauro completo, recuperando le decorazioni e i vivi colori dell’originale.
Le preziose aule ellittiche sono state restituite agli antichi splendori: i pavimenti in graniglia e marmo e gli stucchi sono stati ripuliti e, in alcuni casi, ripristinati. E naturalmente, il restauro si è concluso con la grande opera sulle facciate, in cui oltre a pulizia e eliminazione dei vari elementi tecnici impropri, il lavoro è stato condotto attraverso test e provini dei vari livelli di tinte, per recuperare l’immagine urbana originale.
Da Educatorio a uffici. Trasformazione
La trasformazione a uffici dell’edificio si è basato sull’attenta lettura dell’esistente, accordando l’uso alle sue vocazioni. L’ingresso attraverso l’aula ellittica conduce al nuovo ascensore e alle scale, recuperate. Da qui, a ogni piano, attraverso un grande serramento in legno, si accede ai vari enti, che restano quindi sempre autonomi. Nuovi ascensori e servizi igienici integrano gli elementi storici, senza mutarli.
Gli ambienti interni sono divisi da pareti leggere in policarbonato stirato traslucido, ancorate a strutture metalliche su disegno. L’effetto neutro di luce diffusa e morbida valorizza, per contro, il trattamento cromatico dei muri. Infatti, ogni ente assume un colore specifico, poi sfumato in toni diversi a seconda degli ambienti: secondo un vero e proprio piano del colore che riguarda tutto l’edificio.
Il progetto recupera sia l’interrato che il sottotetto. Nell’interrato, destinato agli archivi, la tessitura muraria rimane a vista, bilanciata a pavimento da una resina spatolata. Il sottotetto, recuperato prolungando le scale esistenti, si trasforma in spazi a uffici attraverso una serie di nuovi abbaini e divisioni realizzate negli stessi pannelli usati nel resto dell’edificio. Anche il mezzanino viene recuperato in modo analogo, pur con le difficoltà date da un’altezza limitata. In ultimo, negli spazi dell’ex Sacrestia, l’ambiente è stato suddiviso con pareti vetrate modulate su pavimento e soffitto, in un continuo gioco di riferimenti.
Project management
Il project management ha riguardato ogni fase di tutti i quattro lotti funzionali. Nel dettaglio, la fase esecutiva del lotto uno e due: relative alla sola manica est, piano terra, primo e secondo. E poi la fase progettuale ed esecutiva dei lotti maggiori, il tre e quattro. Questi includevano il recupero, in tutto l’edificio, di sottotetto, mezzanino e interrato, le facciate, le coperture, oltre al restauro degli ambienti aulici della manica ovest e delle aule ellittiche. Qui, il lavoro si è concluso con l’allestimento della quadreria.
Le attività di pm includeva: sviluppo del progetto architettonico, studio di soluzioni ad hoc, ingegnerizzazione dei dettagli su disegno, progetto degli arredi, ottenimento dei necessari permessi. E poi coordinamento con gli altri soggetti professionali, gestione di un team di lavoro variabile tra tre e otto persone, gestione del cantiere e dell’esecuzione delle opere.