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IL GIGANTE BUONO

15 Giu , 2018 - Pensieri sull'architettura

DALLA MAGNIFICENZA ALL’ABBANDONO

Grazie alla recente iniziativa di OpenHouse Torino, è stato di nuovo possibile entrare nel grandioso Palazzo del Lavoro (o meglio Palazzo dell’Esposizione Internazionale del Lavoro), progettato da Pier Luigi Nervi (con il figlio Antonio, Giò Ponti e Gino Covre) e costruito tra il 1959 e il 1961 per Italia ’61, la celebrazione del primo centenario dell’Unità d’Italia.

Era qualche anno che non ci entravo, anche se ne vedevo il costante sfacelo, senza contarne gli incendi, i devastamenti. E oggi, come l’ultima volta, provo solo una grande tristezza di fronte a un edificio di dimensioni gargantuesche, capace di annichilire con il suo spazio. Chissà, magari, da questo nuovo incontro con il gigante buono, nascerà un EXTRA…Se lo meriterebbe, il Palazzo del Lavoro. Un edificio di enorme raffinatezza costruttiva e di innegabile impatto scenografico. Una volta di più, sono rimasto a guardare le immense strutture ammirandone la plasticità statuaria. I grandi pilastri di calcestruzzo che da croce si affusolano in cilindri, le travi a sbalzo che si allargano come raggi. Le nervature di copertura segnano come fiori i grandi ombrelli. Dai tagli vetrati entrano raggi di luce che, a ogni ora, tracciano una infinita meridiana sul pavimento, un reticolo in costante movimento.

Nel grande spazio di Nervi hanno, diciamolo, provato a farci un po’ di tutto, in effetti. Da mostre, a saloni, a università, a usi casuali (ci raccoglievano le schede elettorali, qualche anno fa), e poi i vari e numerosi tentativi di trasformazione in centro commerciale, i ricorsi al TAR, le smentite, i proclami…

Nonostante tutto, ora regna l’abbandono. Incendi, ruggine, facciate pericolanti, un giardino diventato selva. E persino (quanti l’hanno notato?) la targa sbagliata! L’edificio non è, come declamato sulla targa all’ingresso, 100×100 metri, ma ben di più, dato che è fatto da 16 moduli, disposti affiancati 4×4, ognuno con 37,5m di lato…

LA VISIONE ASSENTE

Eppure pensiamoci un attimo: davvero, in tutti questi anni non si sono presentate occasioni per il palazzo di Nervi? Davvero era impossibile coinvolgerlo nelle trasformazioni per le Olimpiadi? Certo, vedendo l’indegno trattamento riservato al Palazzo a Vela, forse meglio non l’abbiano toccato, ma guardando il Palasport Olimpico (sì, insomma, il PalaIsozaki, ovviamente invecchiato prestissimo), non sorge il sospetto che forse sarebbe stato il momento giusto? Certo, sarebbe bastato fare un concorso come si deve. Cosa dite? Che tanto a Torino è impossibile, perché i lavori vanno sempre ai soliti noti? Mah, forse avete ragione. E in ogni caso sarebbe mancato il tempo…

Vabbè, e la nuova sede della Regione? Era davvero impossibile trasformare il Palazzo del Lavoro in un luogo dove si lavora? Ok, non ridete. Guardate che qualcuno lavora, in quegli uffici, anche se magari non sembra. Certo: non sarebbe stata una trasformazione facile. Sarebbe però valsa la pena, magari, di fare un concorso, dato che il tempo c’era, e vedere se qualcuno, nel mondo, per caso, sarebbe stato in grado di immaginare una nuova visione di quei grandi ombrelli a sezione variabile. Di valorizzarli, persino. Non lo sapremo mai, ovviamente. Cosa dite? Che dopo la vicenda dello Stadio Filadelfia non dovrei parlare più di concorsi? Avete ragione…

E così, l’unica cosa che possiamo fare è dedicare un pensiero triste a questo gigante buono, e dimenticato. Dove probabilmente, alla fine, sorgerà l’ennesimo centro commerciale, magari nobilitato da un museo della memoria industriale, come recentemente ipotizzato per indorare la pillola. Perché il problema non è, in sé, l’ennesimo shopping mall: ma la constatazione che, in tutti questi anni, nessuna giunta è mai stata in grado di immaginare un futuro, per l’opera di Nervi.

 

 

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